«Una vita nuova di poesia e di sogno»

Prendo in prestito le parole che Cesare Pavese rivolgeva alla sua amata, o forse a un’idea di amore letterario e superno, un rigo in cui risuona peraltro anche la traccia dantesca dell’aspirazione a una vita mutata in virtù dell’esperienza sentimentale, per gettare qualche appunto sulle mie ultime divagazioni. In un ciclo di saggi di teoria linguistica in accompagnamento alla mia opera poetica, mi sono riaffacciata alle suggestioni della saggezza oracolare ellenica e alla dimensione dei santuari come centri di cura, in cui la parola era un’espressione della volontà teurgica del dio.

Si dice che questa presenza scendesse nel cuore, l’organo della risonanza, e da qui dettasse i propri responsi al suo messaggero terreno. Di solito una figura femminile che si riteneva dotata di particolari attitudini sensitive. In tale manifestazione subitanea e incontrollata del divino si può cogliere forse una prima ombra della poesia, il suo primo spirito – nel senso etimologico di spiritus, respiro. Soffermarsi, accordare il proprio soffio vitale a queste cadenze, è un po’ risvegliarsi a nuova vita, abbracciando sensibilità di segno opposto rispetto alla nostra quotidianità.

Nel ripercorre simili tracce mi è capitato di sfogliare il resoconto di Dino Baldi sulle strutture sacre che in Grecia hanno visto il compiersi di guarigioni e prodigi. L’autore definisce il suo sguardo un «gioco paradossale della Grecia fuori dalla Grecia». Sempre per quel cortocircuito fra pensiero e realtà da cui l’Ellade agli occhi dei puristi era «un paese abitato da slavi bizantinizzati e corrotti dall’Oriente». Il viaggiatore che vi si fosse avventurato, anche in tempi non sospetti, molto prima della cosiddetta decadenza imperiale e levantina, correva serio pericolo di restare deluso quando ad andarne di mezzo non fosse la sua incolumità. Il poeta Virgilio, già minato nel corpo, non solo non trovò quello che pensava ma poco dopo essere sbarcato al Pireo rimediò un’insolazione che gli fu letale; a Byron secoli dopo non andò meglio.

Cosa cela dunque ancora questa terra misteriosa, affascinante e tremenda, che si tiene tutto per sé?

«Prima di tutto gli oracoli, porte di comunicazione fra dei e uomini; ma anche i luoghi che i greci, senza distinzione di etnia, riconoscevano come patrimonio comune e rappresentativo della propria identità: i santuari e le sedi dei giochi panellenici». (Dino Baldi)
I resti di un tempo in cui terreno e ultraterreno si cercavano e riuscivano a incontrarsi, anche senza cercarsi, dove mitologia e rituale riempivano di senso l’ordinarietà.

E oggi? Ci sono i greci del Ponto e quelli dei Balcani. E c’è una ruvidità di fondo nel carattere greco – intensità e asprezza – in cui anch’io mi ritrovo. Indocile fierezza si potrebbe dire, un temperamento sfaccettato con cui è difficile fare i conti e che mi suscita un’immedesimazione profonda. Scherzando con la mia amica Androniki mentre mi preparava il caffè e, prima ancora del caffè, il beneugurante dolcetto dell’accoglienza, le dicevo che la nostra complicità era senz’altro il frutto di una vita precedente. Di sicuro ci eravamo incontrate in un bosco della Tracia o giù di lì. Due indomite, polemiche, sognatrici. L’esperienza tutt’altro che tranquilla con la Grecia moderna, che per inciso è figlia di una dominazione turca di quasi cinque secoli dal notevole riverbero anche nella lingua, mi ha forse costretta precocemente a prendere le distanze dal perfezionismo apollineo. E con ciò a guardare più a fondo anche in me stessa; le somiglianze con il carattere contraddittorio e tumultuoso erano ben più di quelle, insussitenti, con gli scatti da cartolina. Qualcosa di ben lontano dai tratti ideali e idealizzati, dalle radiose sintesi dei manuali, dal candore dei reperti. Una landa propensa all’enigma e alla fatalità, che attrae un’epica di delitto, castigo e rinascita, dove nel sangue versato non si fa largo solo la morte ma un divenire estremamente vitale e contraddittorio di creature ribelli, esseri magici destinati a imprese sconcertanti e magnifiche, in cui non per caso un giorno dagli zoccoli di un cavallo è scaturita la fonte dei poeti.

Dino, Baldi, Marina Ballo Charmet, Oracoli, santuari e altri prodigi. Sopralluoghi in Grecia, Quodlibet Humboldt, 2013

Si rimanda anche al mio promemoria su Linkedin – Shrines and Healing

L’Amaryllis di Niki e il nostro comune sogno greco in arte e poesia

Claudia Ciardi: «Revue européenne de recherches sur la poésie», Classiques Garnier, Parigi, n° 10, 2024, pp. 275-285: Oracoli e poesia. Voci sacre all’origine del mondo. L’esordio della poesia nelle pratiche oracolari e il potere terapeutico della parola

Mito e trascendenza in H. Broch

L’epica antica accordata alle cadenze della letteratura tedesca del Novecento, passando a volo radente sui picchi monumentali di James Joyce. Questo è per sommi capi il Virgilio di Hermann Broch, destinato a trasformarsi in uno dei più complessi esperimenti sulla parola. Il commiato di un poeta che quasi indugia in una lunga seduta analitica, che è pure un trattato filosofico sul tempo o una partitura musicale che accoglie in sé ritmi disomogenei eppure contigui; dal debordare del flusso di coscienza alle dissolvenze espirate nell’avvicinarsi della fine. Due sponde – non a caso lo spazio è segnato dal ‘nonluogo’ di una traversata per mare – congiunte in un megalitico eternarsi del tutto.

Né mancano le suggestioni derivate dal mondo dell’arte. Di sicuro Arnold Böcklin – Virgilio si avvia ineluttabilmente verso la sua Isola dei morti – e limitrofe correnti simboliste.

Per uno strano contrappasso Broch fu sorpreso dall’onda nazista proprio ad Altausseee, placida stazione turistica dell’Austria che verrà ricordata per le sue miniere colme di capolavori trafugati da zelanti faccendieri su ordine del Führer. Qui lo scrittore sperimentò l’incubo della reclusione, qui la sorte decise che la sua creatività avrebbe trovato una via di fuga. L’arte prigioniera divenne arte liberata. Così accadde anni dopo anche ai quadri e alle statue lì relegati, per fortuna usciti indenni dall’umana follia.

Questo volume offre al lettore italiano due prose finora inedite in cui affiorano i temi salienti della grande narrativa brochiana.

Arte e letteratura in Via del Vento_Pistoia_
fotografia di Claudia Ciardi ©


* Hermann Broch, Il ritorno di Virgilio, cura e traduzione di Claudia Ciardi, Via del Vento edizioni, novembre 2022

* La pubblicazione è depositata nell’archivio del Teatro Stabile di Torino

Terre nostre

In questo periodo, con l’avvicinarsi delle festività, assistiamo a una variegata offerta commerciale, anche nella cultura. Dopo il tempo sospeso e le interruzioni della pandemia è chiaro che si cerchino ripartenze un po’ in tutti i settori, ivi incluso quello creativo e dell’intrattenimento. Sebbene l’atmosfera anche adesso non sia delle più rosee, tra costi lievitati e meccanismi rallentati (la lunga coda delle incertezze scaturite dalle chiusure e rinfocolate dagli eventi internazionali) che impensieriscono operatori e fruitori.

Ciononostante, anzi proprio per le difficoltà che ancora persistono, è bello ricordare che sono in corso iniziative assai pregevoli nelle nostre province, le quali non riescono forse a raggiungere la risonanza di altri eventi, sostenute come sono da partnership pur importanti ma di non ampia esposizione mediatica. Appena fuori dalle “vie commerciali” troviamo tesori affascinanti e ricchissimi frutto di progetti ingegnosi, pieni di umanità e vivaci immaginazioni. In un quotidiano che mostra sempre e solo un volto arido e incline a disorientare, l’incontro con questi luoghi fa bene all’umore e alla mente.

Penso alla mostra in corso a San Giovanni Valdarno (Museo Terre Nuove e Museo della Basilica), Masaccio e Angelico. Dialogo sulla verità nella pittura (nell’ambito degli Uffizi diffusi), al Tiziano esposto in buona compagnia di Tintoretto e Veronese negli spazi del San Francesco di Cuneo (luogo pieno di suggestioni) e alla rassegna su Carlo Crivelli nelle sale di Palazzo Buonaccorsi a Macerata. Tre perle all’insegna della spiritualità, della vicinanza ai territori, di un raccoglimento necessario mentre la tempesta continua a scuoterci; tre antidoti contro un tempo richiuso su se stesso.

Il Valdarno (fra le altre eccellenze San Giovanni è anche la patria di Masaccio) in autunno e inverno mostra i suoi colori più affascinanti, e i sangiovannesi sono belle persone con il dono dell’accoglienza, come di solito accade nelle cosiddette “terre nuove” (grazie, amici, per l’utile catalogo che mi avete regalato e per esservi offerti di farmi da guida!).

Siate vicini alle vostre terre, perché c’è bisogno di radici, di memoria, di bellezza. Per risollevarsi c’è bisogno di immaginazione, non mi stanco di ripeterlo. È la nostra mente, l’energia della nostra mente che riversata all’esterno fa leva, scrolla, produce. Quando prima dell’estate sono andata in visita a Santa Maria a Monte ho visto molti “segnacoli” del progetto Terre di Pisa e ho pensato che queste iniziative messe in campo dai borghi per legare a doppio filo, arte, artigianato, piccole produzioni locali, turismo andrebbero vissute ancora di più. Vanno rese vive, nel senso di partecipate, bisogna divengano poli condivisi, aperti, cantieri di studio, ricerca, luoghi di confronto: musei, archivi, laboratori, scuole sono chiamati ad aprirsi il più possibile e cercare scambi, e auspicabilmente un’osmosi ampia, un’alleanza fra diverse progettualità territoriali. Perché c’è urgenza di creare lavoro, reclutare, assorbire risorse umane con immediatezza e certezza, non solo pensando al paio di concorsini da bandire ogni tanto, con i soliti metodi, le solite panie, esigendo dai concorrenti una formazione tutta a loro carico, impegolata anche quella e a rischio senescenza, rifacendosi a modelli ormai superati sul piano delle necessità economiche, della spinta tecnologica che non si può ignorare, dei profondissimi cambiamenti in atto in ogni settore.

Tornando sui tracciati del lungo percorso di studi neogotici e dei progetti messi in campo tra mostre e scritture in un confronto pluriennale, ho immaginato che ad esempio i Beni faro piemontesi potessero incontrare cammini d’arte e itinerari nei castelli di regioni limitrofe o anche lontane. Territori che verrebbero a intersecarsi, iniziative che ne genererebbero altre e potrebbero portare occupazione. Sul fronte delle materie umanistiche mi vengono in mente tante identiche possibilità di dialogo con altri settori scientifici e con attività di rilancio dei luoghi. Quando ad esempio ho partecipato alle giornate di Terra di Virgilio, nel mantovano, il programma aveva fatto da fulcro non solo ad altri eventi sulla poesia contemporanea ma anche a iniziative per il sociale, intrecciandosi con le visite ai beni culturali (dei bambini accompagnavano gli ospiti descrivendo i monumenti); giornate in cui città e dintorni si erano completamente aperte agli ospiti, determinando uno scambio di saperi e un coinvolgimento molto esteso. La socialità è un’altra dimensione importante che queste cose generano e di cui abbiamo estremo bisogno.

Penso ci siano tante cose da fare, soprattutto se vogliamo offrire qualche prospettiva concreta ai più giovani; propinare loro un percorso scolastico standard preconfezionato, che in Italia per giunta è ad alto rischio di impaludarsi, a maggior ragione ora che lo scivolamento in zone di povertà non è più un’ipotesi remota, significa voltare le spalle. Ci vogliono idee, flessibilità mentale, bisogna capire la portata dei mutamenti in atto e interpretarli. Senza immettere queste cose nei percorsi formativi, senza conteggiarli in risorse, sarà ben difficile creare altro lavoro.

Intanto immergersi nei nostri borghi, avvicinare i luoghi della spiritualità, stare accanto a cose belle e profonde aiuta a riflettere.

San Giovanni Valdarno, Museo della Basilica
Beato Angelico, Annunciazione, 1430-1432
  • Masaccio e Angelico, Museo delle Terre Nuove/Museo della Basilica a San Giovanni Valdarno, fino al 15 gennaio 2023
  • Le relazioni meravigliose, Carlo Crivelli a Palazzo Buonaccorsi di Macerata, fino al 12 febbraio 2023
  • Tiziano, Tintoretto, Veronese, al San Francesco di Cuneo, fino al 5 marzo 2023