Il libro è un oggetto mutevole, che nel tempo si è adattato alle esigenze di committenti colti e appassionati come di un pubblico man mano più ampio, dall’invenzione della stampa in poi. Ha quindi adattato il suo aspetto ai diversi contesti sociali in cui si è trovato a circolare. Con il passare dei secoli è cresciuta la consapevolezza circa la sua capacità comunicativa, legata non solo ai contenuti ma ancor più per il suo aspetto, il formato, la carta, i tagli, trattandosi di un livello più immediato, più riconoscibile e che precede la lettura; qualcosa in grado di orientare la scelta del libro stesso. Nel corso dell’Ottocento le copertine divennero sempre più vere e proprie tabulae illustrate su cui fissare un’idea artistica, dalla scelta del colore ai caratteri decorativi fino alla grafica del titolo. Abbiamo già avuto modo di accennarvi in una precedente ricognizione sul cosiddetto libro dipinto.
Altrettanto vasto e affascinante è il regno dei formati che dal Medioevo in poi assecondano la richiesta di una committenza assai eterogenea, religiosa o laica, tentando di rispecchiarne le rispettive necessità pratiche. Il taglio miniaturizzato, la copertina scelta in modo da resistere alla lunghezza dei viaggi nel caso di aristocratici e mercanti o al ripetersi delle funzioni ecclesiastiche e ai frequenti spostamenti nei villaggi per l’opera di catechizzazione. Oppure alcuni assemblaggi con materiali di fortuna per risparmiare sui costi e dunque sui materiali; è il caso di alcuni “libri” scolastici per bambini, più simili alle tavolette d’esercizio usate già nel mondo antico.
Non è un’attitudine sporadica infine che librai e maestri rilegatori abbiano da sempre raccolto sfide personali a dimostrazione della loro perizia. Il produrre esemplari bizzarri e “difficili” era una sorta di biglietto da visita. Una tradizione longeva che si può ancora riscontrare in alcuni decani del mestiere. Ricordo un abilissimo artigiano libraio a Fossano che sfoggiava con orgoglio i suoi esemplari miniaturizzati, sostenendo che erano il frutto di una “tenzone” ingaggiata con un collega. È questa un’altra tradizione ben radicata nel mondo della legatoria, specie di appartenenza anglosassone, dove a quanto pare questi esercizi di pazienza ed eccentricità si sono conservati in maggior numero. È il caso di una serie di minutissimi libretti, grandi come la falange di un dito, creati nel corso dell’Ottocento, che ci è già capitato di indicare come secolo di follies editoriali, indirizzate a vari argomenti, con una preferenza per calendari, proverbi, previsioni astrologiche e almanacchi. Forse queste materie meglio si prestavano a sintesi estreme che quindi potevano ben adattarsi a formati davvero minuscoli. Come pure si può ipotizzare che tali coriandoli più che tascabili fossero pensati alla stregua di amuleti. Dunque al di là di oggetti a stampa fruibili in sé ma per quello che erano in grado di evocare. Ciò sembra peraltro alla base dell’attrattività che ancora esercitano in chi li contempla. Nesso tutto da esplorare. Una collezione di mini-libri simili a quelli appena descritti risulta censita e catalogata dall’università dello Iowa.
Chiudo menzionando la raccolta online apprestata dal professor Erik Kwakkel, medievista a Vancouver che, nell’humus poco considerato di tumblr, ha aperto una galleria virtuale di esemplari rari e notevoli, vere e proprie opere d’arte in forma di libri esemplificative di diverse civiltà e parti del mondo.
Almanacco con segnalibro in seta
Libro d’ore in miniatura proveniente da un’Abbazia benedettina in Austria
* Alcune immagini di queste rarità e la loro descrizione provengono dalla pagina fb “Osservatorio libri. Quotazioni”.
Hornbook_Children’s book
Un’installazione d’artista alla Indianapolis Public Library che rende omaggio alla spirale di Fibonacci. Quando i libri e l’arte s’incontrano, accadono cose inaspettate e sorprendenti.
Quello di libro dipinto è un concetto dalla doppia valenza. Lo si può intendere sia come libro decorato, arricchito di immagini e abbellito da fregi e disegni sulla copertina, utilizzata come vera e propria tavola da pittura. Sia come oggetto rappresentato in un quadro, simbolo sacro e profano, testimonianza della posizione culturale della persona ritratta o dei gusti letterari del pittore.
Una lunga storia che affonda le sue radici nella paziente cura dei miniaturisti, con alcune rappresentazioni che potevano occupare anche una pagina intera, composte con pigmenti assai preziosi, o se vogliamo ancor prima, nel mondo antico. Già alcuni papiri sono infatti opere di straordinario pregio, non solo per la bellezza calligrafica. Nei rotoli egizi campeggiano figure a colori eseguite con una minuzia straordinaria come anche in certi formulari magici del periodo ellenistico, dove affiorano esempi illustrati degli strumenti necessari a un incantesimo o su come preparare un simulacro per affatturare qualcuno.
Ma ricordiamo anche nei codici bizantini alcune segnature di rimando agli scolii marginali (asterischi come stelle marine o fiori incantati) laddove gli scolii stessi si presentano talora come “predelle narrative” appese al corpus della scrittura su colonna. Insomma, da questo punto di vista, se guardato nell’insieme, il libro fin dall’età antica o tardoantica è una potente opera grafica in cui il supporto che lo compone, la scrittura e gli abbellimenti che interessano i materiali e le parti testuali concorrono a creare un vero e proprio pezzo d’arte.
Dorsi dipinti su libri del 1750_Biblioteca del Museo del Castello di Praga
Miniatura capolavoro di Jean Fouquet. // Dalla pagina fb di “Osservatorio libri. Quotazioni”
L’incremento del tasso di alfabetizzazione e l’avvento di nuove tecnologie segnano nel XIX secolo l’aspetto e la destinazione del libro che da oggetto confezionato a mano posseduto per lo più dagli aristocratici nelle loro biblioteche private, diviene un prodotto di massa. In tale differente contesto la copertina assume un’ulteriore importanza: non più solo una protezione funzionale per le pagine, ma un elemento chiave, un vero e proprio display attraverso cui comunicare il contenuto e incentivarne così la vendita. Prima di allora – tranne alcune creazioni uniche e personalizzate (ad esempio le copertine ricamate per le biblioteche dei privati) – erano per lo più semplici rilegature in pelle. A partire dagli anni Venti del Novecento, con l’affermarsi della rilegatura industriale, i vecchi rivestimenti in pelle lasciano il posto a nuove tipologie in stoffa che, oltre a essere economiche, divengono anche stampabili. Nel corso dei decenni è stata impiegata un’ampia gamma di tecniche a stampa delle copertine: dalla goffratura (calandratura che permette l’incisione di un disegno semplice sul tessuto) alla doratura alla litografia a più colori. Si apre dunque uno spazio artistico completamente inatteso dove si sono potuti inserire illustratori e designer, producendo una varietà di copertine dal gusto estremamente eclettico, tanto quanto la miriade di contenuti che presentavano. Dagli anni Venti circa, la sovracoperta di carta, molto diffusa anche nei tascabili, che in precedenza serviva semplicemente a proteggere la rilegatura dell’editore, inizia a sfoggiare dei disegni. Non si può far a meno di notare che diversamente dal prodotto odierno, altamente standardizzato, subito riconoscibile nell’appartenenza alle diverse collane editoriali per la sua elevata (e in molti casi fredda) serialità, qui siamo piuttosto in presenza, almeno fino ai primi del Novecento, di produzioni ispirate a un certo artigianato. L’articolo di «The public domain review» (il collegamento qua in fondo), dal quale provengono alcune delle notizie riportate, presenta un’interessantissima galleria di rilegature disegnate nel secolo della nuova editoria, sebbene non possano dirsi ancora imprese editoriali così come noi le intendiamo. È più che evidente il valore artistico aggiunto che recano queste copertine.
Woman and her Wits_Book cover, 1899
Die Milchstrasse_Leipzig_Johann Ambrosius Barth, 1908
Ma vi è pure un’altra forma decorativa del libro, conosciuta come fore-edge painting. Si tratta della illustrazione riservata al taglio anteriore. Stringendo il blocco di pagine fra le dita, affiora un’immagine che può essere d’invenzione o riprodurre un’opera d’arte nota o ancora richiamare una scena o un soggetto del contenuto (soprattutto nel caso dei romanzi popolari). Questo modo di vivacizzare e mettere in risalto il materiale a stampa fu molto popolare tra Settecento e Novecento. Nei primissimi casi si trattava di stemmi araldici per lo più realizzati in oro. Tale tecnica raggiunse il suo culmine di popolarità e maestria agli inizi del XX secolo, tant’è vero che la maggior parte degli esemplari sopravvissuti risale proprio a questo periodo. Talvolta due diverse varianti vengono dipinte su entrambi i lati delle pagine e ciascuna appare quando il blocco viene allargato da un lato o da quello opposto. Le biblioteche americane ospitano diverse collezioni di libri rari attestanti quest’arte davvero particolare.
Esempio di fore-edge painting_Miami University Libraries
Frontespizio illustrato del libro dedicato alla Sibilla Cusiana [Cumana]_1870. // L’immaginario sibillino dai libri ai dipinti.
Ritratto di donna con stilo e tavoletta cerata, noto anche come ritratto di Saffo. I dipinti pompeiani delle fanciulle che impugnano lo stilo, oggi conservati presso il Museo Archeologico di Napoli, sono assai noti. Qui non si tratta di donne rappresentate insieme ai libri ma “fotografate” nelle loro attività di studio (che presupponevano il possesso di libri). Una è identificata come la moglie di Paquio Proculo e l’altra (qui sopra) associata alla figura della poetessa greca Saffo.
Il libro dipinto, lo si diceva prima, è infine il libro che viene dipinto ossia che entra nell’opera di un pittore. Da oggetto costoso destinato a pochi eletti a prodotto facilmente replicabile, in grandi tirature, grazie al diffondersi della stampa meccanica, gli artisti hanno registrato nel tempo aspetti, mode, riti sociali legati alla presenza dei libri nei più vari contesti. Se nella pittura antica e medievale è in simbiosi con la rappresentazione di scene che rimandano alla sfera educativa, ad esempio dei giovani, o come simbolo religioso che identifica santi, profeti, martiri, col passaggio alla modernità il libro si apre sempre più a status symbol. Di un’aristocrazia che si fa ritrarre nelle proprie biblioteche attraverso cui intende affermare il proprio potere e prestigio, e in seguito come segno di una crescente indipendenza e ascesa delle classi subalterne che in tal modo celebrano il proprio accesso alla cultura. Nel caso dei ritratti e autoritratti femminili il libro entra come precipuo elemento di riscatto sociale, in una condizione in cui la donna, ancora fino all’Ottocento, era interdetta dai corsi accademici e, pur vantando condizioni economiche agiate, non poteva accedere alle medesime opportunità formative degli uomini. L’immagine della Sibilla barocca e tardobarocca condensa simili sentimenti e propensioni, laddove l’aura sacrale del personaggio e la presenza del libro per la divinazione demarcano più latamente la sfera della femminilità, le sue aspettative e finanche un elogio incipiente delle proprie capacità di autoaffermazione. Se in quest’epoca si tratta ancora per lo più del punto di vista di un esecutore maschile – ma quello del pittore è un occhio comunque svincolato dai crismi della società – è innegabile il graduale affioramento di una traccia nell’arte che fa del libro in mani femminili un oggetto di ascesa e riscatto.
Artemisia Gentileschi inedita_A lungo attribuita al fiorentino Carlo Dolci, la Maddalena penitente è stata uno degli “Old Masters” in vendita a Colonia, presso la casa d’aste Van Ham (lotto del giugno 2021).
Sibilla del Domenichino_1617 circa_Galleria Borghese_opera attualmente non esposta. // Questa Sibilla sui generis in quanto ritratta insieme a uno spartito e a una viola – attributi musicali che di solito non si associano a tale figura mitologica – sembra intenta a cantare.