Una parola che lenisce

Il Gran Sasso a novembre

Le esperienze di queste settimane mi hanno permesso di riflettere su molti aspetti della mia creatività e anche sulla natura di certi incontri. Spesso quando siamo immersi nel fluire degli eventi, concentrati sul nostro agire, diviene difficile avere uno sguardo d’insieme e far caso a quei dettagli che invece sono estremamente significativi e rivelatori del cammino intrapreso. Se considero i più recenti capitoli della mia vita ne traggo una sequenza sbalorditiva di richiami ad elementi nodali, che se anche in talune fasi sono sembrati meno segnanti, pure hanno continuato a riproporsi. Una linfa che va ben oltre la sostanza organica e che si fa nutrimento per l’immaginazione. In ciò si inserisce per l’appunto l’emotività peculiare sprigionata da alcune situazioni, quelle che oggi nelle lezioni sull’intelligenza emotiva si è soliti definire “il picco”, una metafora che mi piace perché mi riconduce alla montagna. Nel mio picco si colloca senz’altro il ritorno in Abruzzo dove ho portato, ma più correttamente dovrei dire riportato, la Profanazione, una scrittura che proprio in questi luoghi era cominciata.  

Nell’incontro abruzzese, come per tutti gli altri che lo hanno preceduto, si è dato un grande rilievo all’idea di cura, al valore terapeutico della creatività, al potere di lenire insito nelle parole. Pronunciare qualcosa corrisponde a un incantesimo, per questo è importante fare attenzione a quel che diciamo, a come lo diciamo. Le parole sono creatrici di realtà, possono ferire ma hanno anche una enorme facoltà di sanare. Una proprietà guaritrice profonda che nei nostri ritrovi abbiamo sempre provato a evocare in un rituale collettivo che è liberatorio e al contempo funzionale a far schiudere i semi dell’autorealizzazione. Come ha ben sottolineato il pittore pescarese Vittorio Di Boscio l’artista è chiamato a occuparsi degli altri, a dare sollievo laddove gli è consentito, non può sottrarsi a questa sua natura. Qualcuno ha anche detto che la scrittura congela l’età, perché chi scrive vive in una dimensione onirica capace di fermare il tempo. Fa bene alla mente, giova al corpo.

Alla luce di tali considerazioni, ancora una volta ho avuto modo di soffermarmi sulla mia storia familiare, dove seppure in assenza di legami diretti ovverosia di parentele ufficiali, i Ciardi risultano prevalentemente o medici o artisti. Il che mi convince sempre di più, per una prova data anche dal cosiddetto legame di sangue, che è innegabile il nesso fra cura dell’organismo umano e propensione creativa. 

Di seguito, il discorso da me tenuto al Teatro Cordova di Pescara con cui ho presentato al pubblico il mio manoscritto inedito, Profanazione, raccolta di prose liriche dipanate fra mitologia e autobiografia:

«Sono molto felice di essere qui e onorata di poter presentare la Profanazione proprio a Pescara, città a cui mi sento molto legata da ricordi che appartengono al mio periodo universitario. Circostanze fortuite e particolari mi hanno portata qui allora e mi emoziona davvero rinnovare oggi, insieme a voi, l’intensità di quei momenti che furono di una me poco più che ventenne in cammino per le strade di questa città. Episodi, emozioni, destini incrociati che hanno disegnato il sentiero delle parole affidate a queste pagine e che offrono adesso uno dei loro frutti. La Profanazione è il risultato di un’elaborazione, una gestazione direi, alquanto lunga. Sono qui condensate almeno un decennio di esperienze autobiografiche fissate in parallelo a un esercizio sulla lingua plasmata secondo le cadenze e le peculiarità espressive della prosa lirica.

In questa galleria talora vorticosa di immagini ed evocazioni ho creato una sorta di purgatorio, un luogo che non si colloca in nessun al di là ma ben saldato alla quotidiana mutevolezza dell’al di qua. Uno spazio penitenziale terreno, fisico, che si fa attraversare e sentire, un viaggio al termine della notte in cui questa mirifica montagna scalata da anime mortali diviene il centro di riflessioni, sogni, utopie raccolte nel bel mezzo delle umane tempeste.

La narrazione incarna anche elementi di teoria e storia della lingua desunti dagli usi dialettali, ricorrendo alla citazione di parole o formule estratte da una confidenzialità familiare e territoriale. Dunque viaggio interiore, epica paesana, Odissea senza eroi apparenti. Scrittura che irrompe nei generi letterari e li mette a soqquadro, corpo traslucido che non vuole nascondere la sua nudità. Materia organica la cui metamorfosi innesca il mutarsi inquieto della parola con il suo carico di incantesimi e disvelamenti. È un’opera che si fa spazio scenico e che rovescia se stessa fino a lambire le rive del metateatro. Un corpo in grado di guardarsi da fuori, di auto narrarsi, che volutamente gioca a coprire e scoprire le sue articolazioni. I cenni alla questione della lingua divengono strutture anatomiche, parti vitali, che si fondono con le immagini, i simboli, le voci che scandiscono il testo. Ne esce una rappresentazione sfuggente eppure allo stesso tempo compiuta in ogni suo gesto, un rito più volte suscitato in un culto profanato, ma proprio per questo sorprendentemente rivelatore».

Teatro Cordova, per il Premio Giacomucci e Santini, Pescara, 16 novembre 2024

*L’Appennino abruzzese in autunno, nei giorni della prima neve, e la notte a Pescara davanti all’Adriatico.
Fotografie di Claudia Ciardi ©

Libri et mirabilia

Luce viola a sviluppo regolare (sera) –
Oceano Atlantico meridionale, 2 dicembre 1884

Ottobre è iniziato con il più potente brillamento solare degli ultimi sette anni. Il flusso di raggi X rilasciato dall’evento – a quanto si dice il maggiore dell’intero ciclo solare – è molto più intenso di quello di metà maggio. Per trovare una tempesta più forte bisogna risalire ai primi di settembre del 2017, quando si verificò un flare di classe X 9.3 a fine ciclo. Il nuovo evento ha prodotto una nuova significativa emissione di massa coronale: gli effetti del flare solare sono stati avvertiti sulla terra dalle prime ore di venerdì 4 ottobre (a conferma delle proiezioni dei modelli statunitensi), mentre le particelle solari emesse durante la seconda eruzione hanno iniziato a interagire con l’atmosfera terrestre dalla serata di sabato 5 ottobre.

In condizioni favorevoli (componente magnetica Bz fortemente negativa e densità e velocità del vento solare elevate) si verificano le aurore boreali, puntualmente arrivate. Al di là delle spiegazioni tecniche siamo di fronte a un organismo cosmico, con le sue vibrazioni e i suoi maestosi sussulti. Per più che probabilistiche assonanze fisiologiche, gli eventi e gli incontri avvenuti mentre una simile energia ha bussato alle nostre porte saranno destinati ad avere una grande importanza nelle nostre vite.

Gli antichi, pur in assenza di strumenti sofisticati per la misurazione, erano osservatori profondi e riservavano un’attenzione speciale a questi fenomeni, anche attraverso i rituali della vita pubblica. Astronomia e astrologia erano non a caso due discipline contigue, di cui la seconda affatto associata ad aspetti di superstizione ma vera e propria scienza della sincronicità, dei moti paralleli, degli unisoni corporei e sentimentali, delle corrispondenze fra alto e basso, fra cielo e terra. Ciò che noi abbiamo categorizzato e separato, nel mondo antico – nel periodo arcaico in particolare – godeva di legami ben saldi e si travasava in unioni fisiche e metafisiche di straordinaria vitalità. L’idea stessa di prodigio era il frutto di tali risonanze, perciò meno astratta di quanto possa apparire al nostro rarefatto pragmatismo.

Dalle esplosioni solari e le tempeste geomagnetiche alle eruzioni, dallo spazio profondo alle nostre latitudini il passo è molto più breve di quanto si voglia pensare. Lo studio dei corpi celesti e dei fenomeni atmosferici e la volontà di documentarli del resto è parte delle curiosità umane di lungo corso. Un interesse che talora ha preso forma in volumi affascinanti dove la descrizione scientifica si è felicemente incontrata con l’arte figurativa.

Il 27 agosto 1883, su una piccola isola dell’Indonesia, si verificò l’eruzione del vulcano Krakatoa, culmine violento di uno degli eventi vulcanici più letali e distruttivi della storia, la cui esplosione fu udita fino a 3000 miglia di distanza. Oltre alla terribile devastazione (36.000 morti sono stati attribuiti all’eruzione), sono stati segnalati strani effetti ottici in tutto il mondo, conseguenza dell’enorme pennacchio di cenere e detriti espulso nell’alta atmosfera.

Stando a diverse testimonianze, per alcuni anni successivi all’eruzione, i cieli all’inizio e alla fine della giornata, quando il sole era più basso nel cielo, sono stati particolarmente colpiti, brillando di strani colori per anni dopo l’eruzione e affascinando e incuriosendo scienziati, scrittori e artisti. I tentativi di documentare e spiegare il fenomeno hanno spesso assunto la forma di uno sforzo interdisciplinare, in cui arte e scienza hanno lavorato in tandem. Un esempio è un libro tedesco pubblicato nel 1888 – Untersuchungen über Dämmerungserscheinungen: zur Erklärung der nach dem Krakatau-Ausbruch beobachteten atmosphärisch-optischen Störung, che si traduce approssimativamente come “Studi sui fenomeni crepuscolari: per spiegare il disturbo atmosferico-ottico osservato dopo l’eruzione di Krakatoa”. Mentre la maggior parte del libro è un’esplorazione attraverso il testo del fisico tedesco Johann Kiessling, le ultime pagine sono dedicate a una meravigliosa serie di cromolitografie da immagini acquerellate di Eduard Pechuël.

Pechuël-Loesche fu un naturalista tedesco, collezionista di piante e pittore di acquerelli che viaggiò molto, anche in Africa occidentale dove accompagnò Paul Güssfeldt nella spedizione di Loango del 1873-’76 e svolse un ruolo nella fondazione dello Stato del Congo. Sebbene la maggior parte delle immagini di Pechuël-Loesche nel libro citato risalgano agli anni successivi all’eruzione del Krakatoa, tre provengono in realtà dalla “Costa di Loango” (nell’odierna Repubblica del Congo), durante l’omonima spedizione.

Il testo di Johann Kiessling si è rivelato fondamentale per la comprensione di questi strani cieli post-eruzione, spiegando l’enigmatico fenomeno in termini di diffrazione della luce solare da parte delle particelle della nube di cenere. Cercando di replicare l’effetto attraverso la sperimentazione in laboratorio, Kiessling progettò e costruì una “camera a nebbia”. Un’invenzione che, insieme al successo dei suoi esperimenti, si rivelò fondamentale per lo sviluppo della camera a nubi di Charles Thomas Rees Wilson, utilizzata in fisica delle particelle per rilevare i percorsi delle particelle radioattive.

Vediamo dunque come un fenomeno naturale abbia determinato l’incontro di due belle menti, innescando e orientando a sua volta altre ricerche di sorprendente portata. Se questa non è una ritmica meravigliosa, se non è questa la poesia del mondo…

Nuvola d’irraggiamento con luce rossa durante il periodo di perturbazione (mezzogiorno) – Jena, 24 aprile 1884
Nubi d’ombra dopo il periodo di perturbazione (mezzogiorno) – Jena, 10 settembre 1887
Ombra terrestre e crepuscolo [cintura di Venere] con i raggi crepuscolari che convergono dopo il contrappunto del sole, estate 1884

Per approfondire si veda l’articolo Studies on Twilight Phenomena, after Krakatoa (1888) pubblicato su “The Public Domain Review