Un immaginario complesso e longevo che attinge ed elabora i propri connotati nel periodo arcaico – con probabili ascendenze micenee – insinuandosi in quello classico. La Grecia delle Gorgoni e delle Erinni, come anche di molte altre creature notturne e ctonie di dubbia e problematica interpretazione, smentisce la predominante apollinea in questa cultura e non solo. Ne configura una luminosità enigmatica, sempre oscillante fra inquietudine e catarsi. Una condizione sospesa che l’essere umano è chiamato ad attraversare, in quanto parte del suo stesso dissidio. Retaggio che ha esercitato il suo fascino nei secoli e nelle arti, trovando diverse vie di rappresentazione oltre a uno straordinario vitalismo nella cultura popolare. Si dice che i ritmi della taranta, area di pertinenza magnogreca, siano il riflesso di questa medesima duplicità. La mano che percuote il tamburello richiama all’ordine cosmico, peraltro con un gesto di lieve rotazione e contrazione dal palmo alle dita a indicare raccoglimento (ritorno), continuamente messo in discussione dal vibrare dei sonagli, moto sussultorio, tellurico che ricorda lo strisciare o il destarsi delle serpi nella chioma di Medusa, l’unica mortale fra le figlie di Forco.
Volto della paura e della seduzione ha ispirato creazioni vertiginose nella statuaria, in pittura e nell’alta gioielleria. Bulgari, proprio in queste settimane, ha dedicato una mostra alle sue collezioni, per celebrare i settantacinque anni del marchio, scegliendo Milano come unica tappa mondiale di questa storia mitologica e artistica. Al centro l’iconografia del serpente, simbolo di mimesis, adattamento, rinascita e rigenerazione. Un brand di lusso che ha scelto di raccontarsi in modo non convenzionale, cercando un’ampia apertura verso il pubblico e mostrando l’apporto delle nuove tecnologie nel lavoro dei propri creatori, incluso il confronto con l’intelligenza artificiale (Dazio di Levante in Piazza Sempione, fino al 19 novembre, con ingresso gratuito). Questo singolare intreccio dal mito antico, fin dalle sue radici egizie, alla contemporaneità ha dato luogo a un evento ricercato quanto inedito, una tipologia di mostra con esperienze immersive che permettono di toccare letteralmente con mano la narrazione.
Sempre a Milano, spostandoci fra le sale di Palazzo Reale, nell’ambito della mostra in corso su El Greco, ci troviamo a tu per tu con la sua impressionante versione del Laocoonte. Il celebre gruppo del sacerdote troiano che va incontro alla morte con i propri figli, avvinti da serpenti marini, mentre un’indecifrabile quanto impassibile Toledo, città dalle atmosfere ermetiche, quasi una Siena spagnola, campeggia in una delle sue tele che suscitano forse i maggiori interrogativi. Incompiuta, unica opera di soggetto mitologico per questo eccentrico artista, sappiamo che la tenne con sé fino alla morte. In un ulteriore raffronto sulla storia di questo motivo la riproduzione in gesso, proveniente dalla gipsoteca dell’Università di Pisa, dell’originale ellenistico custodito nei Musei Vaticani, alla base dell’onda lunga di imitazioni in scultura e pittura dal Rinascimento in poi (si pensi a quello altrettanto celebre eseguito in marmo da Baccio Bandinelli nel 1520, alle Gallerie degli Uffizi).
Simbolismo del sacro e del profano, enigmaticità, magnetismo sprigionato da fascino e inquietudine. Filiazioni divine e caratteri rituali, talora difficilmente ricostruibili, in bilico fra contatti figurativi, diffusione in diversi ambiti sociali, ricorrenza o sovrapposizione di narrative. Ad esempio, la prossimità di Gorgoni ed Erinni, liquidata come improbabile da Vernant (si veda il suo saggio Figure, idoli e maschere, in particolare le pagine 75-102, dove descrive diffusamente l’Erinni Tilfussa) e che io ho provato invece ad ipotizzare fin dal mio lavoro di tesi.
Un discorso affascinante che si muove su diversi piani della ricerca, oltre a costituire una materia di per sé molto coinvolgente per chi la affronta, da studioso o da semplice appassionato. Un racconto che s’innova, un’espressione culturale dinamica e versatile che aggiunge mutazione a mutazione e che pure nell’atto stesso di rappresentarsi espande i confini dell’immaginario di riferimento. Qualcosa che per il fatto stesso di originare dagli strati più profondi dell’interiorità umana, non smette di destare la nostra attenzione e interpellarci. Una capacità generativa fuori dal comune, che di sicuro attiene al mito stesso, ma che al contempo lo trascende, modernizzandolo, favorendone l’adattabilità a contesti mutevoli e storicamente diversi.
* Fotografie di Claudia Ciardi ©
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Guardare la Gorgone
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