Ultimi giorni per visitare la mostra sull’arte liberata a Roma. Un imponente allestimento nelle sale delle Scuderie del Quirinale dedicato ai capolavori strappati alla barbarie della guerra. La storia di donne e uomini coraggiosi quanto generosi che profusero tutte le loro energie per salvare il nostro patrimonio culturale. Protagonisti di leggendari e rischiosissimi trasferimenti realizzati in tempistiche impossibili, con scarsità di personale e di mezzi, nella continua incertezza di uno scenario mutevole che celava insidie sempre nuove. Validi organizzatori, instancabili.
Sono qui riuniti i grandi nomi della storia dell’arte. Per citarne solo alcuni, Piero della Francesca, Guercino, Francesco Hayez, Hans Holbein, Lorenzo Lotto, Luca Signorelli, Paolo Veneziano.
Una cospicua presenza di autori provenienti dalle pinacoteche marchigiane ci aiuta a comprendere l’estensione e la diffusione della nostra arte. Giovanni Baronzio, Olivuccio di Ciccarello, Allegretto Nuzi ne attestano la potente capillarità. Tesori immensi sparsi in ogni provincia che rendevano arduo selezionare, accordare una priorità, decidere cosa fosse più importante salvare e cosa no – le Marche che molto hanno contribuito alla realizzazione di questo evento, sono state una delle principali mete cui avviare il ricovero delle opere da sottrarre alle incombenti distruzioni.
Per me anche un legame che si è idealmente rinnovato dall’incontro con le collezioni di Palazzo Buonaccorsi a Macerata all’inizio di quest’anno. Voltarmi e trovarmi all’improvviso di nuovo davanti a un’opera di Carlo Crivelli è stata un’emozione indescrivibile.
C’è una considerazione che letteralmente tallona il visitatore per l’intero percorso della mostra: “Cosa abbiamo rischiato!”. Il mio incontro con le fotografie delle opere d’arte per così dire trincerate, all’inizio del secondo conflitto mondiale, risale alle lezioni del liceo. Ricordo la mia professoressa che, mentre ci mostrava le lugubri riproduzioni in bianco e nero delle armature costruite intorno alle statue, scuoteva la testa dicendo: “Possibile mai che un paese come il nostro, con il patrimonio artistico che possiede, entri in guerra?”. Ecco, appunto, cosa abbiamo rischiato…
E come non pensare di nuovo alla Triennale di Milano del 2018-2019 dedicata alle distruzioni, dove il pubblico veniva accolto da un grande pannello in cui si elencavano i danni di guerra; un’impressionante quantificazione del patrimonio perduto.
Per la presente rassegna sono stati scelti dei fondali di legno che volutamente riproducono e ricordano le casse d’imballaggio dove i nostri capolavori sono stati deposti, trovando ricovero.
Non solo quadri e statue ma anche libri. Emblematico il caso della collaborazione fra l’inesauribile Fernanda Wittgens e la collega Mary Buonanno Schellembrid, direttrice della Braidense, impegnate nella messa in sicurezza del catalogo generale per autori della biblioteca. Intrecci femminili dove si stagliano figure volitive che rasentano la sfrontatezza – qualità in tal caso più che positiva, sollecitata dall’emergenza. La già citata Wittgens, e la fascinosa ma altrettanto risoluta Palma Bucarelli che, a bordo della sua mitica Topolino, scortava i convogli con le opere d’arte da trasferire, o ancora Noemi Gabrielli, una minuta ma coriacea signora di Pinerolo sulle cui spalle gravò la responsabilità di buona parte delle operazioni piemontesi per conto della Galleria Sabauda e dell’Accademia Albertina.
* Fotografie di Claudia Ciardi ©
Arte liberata, 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra – Scuderie del Quirinale, Roma (16 dicembre 2022 – 10 aprile 2023)
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